Coordinamento Fermiamo Harlan
FERMIAMO HARLAN, FERMIAMO IL MASSACRO!
Informazioni personali
- Fermiamo Harlan
- Harlan è una delle più grandi e importanti multinazionali della vivisezione del pianeta. E' presente in 4 continenti e offre i suoi servizi a un numero imprecisato di laboratori pubblici e privati, università, aziende farmaceutiche, ospedali e allevamenti in decide di paesi del mondo. In Italia si occupa prevalentemente di sperimentazione per conto terzi e allevamento di animali destinati alla vivisezione: topi, ratti, conigli, cavie, primati e altri grandi mammiferi. Fa stallo per il trasferimento di cani beagle, ma non li alleva (a differenza che in Francia e Germania). La specialità del gruppo è la "produzione" di animali geneticamente modificati per un migliore utilizzo nella sperimentazione. Un esempio sono gli animali "programmati" a sviluppare il cancro o con difese immunitarie "adatte" all'inoculazione dei virus della polio e del vaiolo delle scimmie. Fermiamo Harlan si è messa di traverso.
martedì 18 ottobre 2011
Munus Umanus e Fermiamo Harlan presentano:
REQUIEM PER LA FINE DELLA SPECIE
Festival musicale antispecista
29 Ottobre 2011
CSA Baraonda Via Pacinotti, 13 - Segrate, 3 minuti da Milano
Apertura con aperitivo: 18.30
Inizio concerti: 20.00
Ingresso a sottoscrizione
(Tutti i proventi saranno utilizzati per campagne e progetti antispecisti)
(In ordine non cronologico)
Ornaments
http://www.myspace.com/ornaments
ManzOni
http://www.myspace.com/viaggicongliaerei
Stefano Pilia
http://www.myspace.com/stefanopilia
The Great Northern X
http://www.myspace.com/thegreatnorthernx
Platonick Dive
http://www.myspace.com/platonickdive
Il requiem che si suonerà stasera non è per l’estinzione umana. Ma per la fine dell’umana signoria sugli esistenti di tutte le specie, compresa la propria. Il crollo di un regno che si è trasformato da dispotismo a tirannia totalitaria in cui lo stesso sovrano è rimasto intrappolato. È la stessa sovranità a cadere a pezzi, aprendoci il colpo d’occhio sull’ignoto spazio profondo di un futuro che a stento riusciamo a immaginare.
E’ tutta la catena di comando a saltare per aria: gerarchi, generali, ufficiali, soldati e guardie di un mondo specista che implode. E sono gli anelli della catena di un tempo cumulativo e ascendente, di cui l’uomo si è spacciato come il culmine, a disgiungersi nel crollo. Sopraggiunge una disseminazione orizzontale delle specie e degli esistenti, dell’intera struttura delle cose, come in un’esplosione multipla di stelle che generano la trabocchevole materia di un nuovo universo. L’essere è finalmente in abbandono, permettendoci l’abbandono alle nostre esistenze e delle nostre esistenze le une alle altre: l’essere si svela come il transito punteggiato degli esseri e come il gioco delle loro relazioni. Umani e non umani.
Ma è la stessa categoria di specie a incrinarsi nell’urto con le esistenze singolari e irripetibili esposte le une alle altre nel gioco della con-divisione e del con-tatto. Il gioco infinito del’accadere di ogni singolo con-tatto reale che avviene, attimo per attimo, incalcolabilmente, relega ogni categoria identitaria (specie, razza, genere) all’astrazione. Il mondo è finalmente visibile come il gioco di rimandi di questi tocchi singolari, inafferrabili dal concetto, sondabili nella loro abissalità insondabile soltanto dalla partecipazione della singola esistenza alle altre, dal salto in questo gioco abissale di ogni esistente singolare in carne ed ossa. L’essere si declina ormai alla singolarità plurale: tu, per ogni tu che viene nominato, e ancora prima toccato, incontrato. Noi altri. Si coniuga per ogni esistenza e ogni relazione, tocco, contatto, incontro.
Eppure il mondo specista dura. Ancora si tiene insieme, si dibatte contro la sua estinzione, resiste al proprio trapasso dovuto. Si scatena anzi in una violenza cieca. Perché la catastrofe di un mondo è insopportabile per chi ne detiene il dominio, materiale e simbolico. Insopportabile appare il lutto per chi lo abita avendolo accettato rassegnandosi alla sua ingiustizia.
E allora tocca a tutti, cioè a chiunque partendo da te e da me, in tutti i gesti e discorsi che offriamo in dono al nostro prossimo, prendersi il carico di questa ingiustizia opponendovi la giustizia che può accompagnare l’immondo al suo trapasso verso un mondo liberato, ovvero un mondo degno di questo nome.
Offriamo il dono della giustizia: offriamolo alla sua inesausta circolazione.
Cominciamo a suonare questo requiem gioioso.
lunedì 19 settembre 2011
Anche noi, una "svista" sull'affaire Enpa
Questa la replica alla risposta dell'Enpa, pubblicata per tempo sul gruppo Fb, ma non qui. Le vacanze son bestiali per gli umani pure. Scusate il ritardo
In merito alla lettera aperta con cui chiedevamo all’ENPA quali ragioni li avessero spinti a inserire nell’elenco delle “pensioni estive” per cani (nell’ambito del progetto “Vacanze Bestiali”) la sede di Bresso di Harlan, multinazionale della vivisezione, avanguardia dell’allevamento di animale geneticamente modificati, comunichiamo che l’Ente Nazionale Protezione Animali ci ha solertemente risposto in
privato che si è trattato di una mera svista, nella compilazione di un elenco con centinaia di riferimenti, “fisiologicamente” sfuggita ai controlli.
Non possiamo che dirci felici che di una svista si sia trattata, che l’Enpa si dichiari estranea alla collusione con le aziende e le pratiche vivisettorie, nonché della solerzia, appunto, con cui il nome di Harlan sia stato fatto sparire dal suddetto elenco.
Ci sentiamo però in dovere di replicare, come di nostra abitudine pubblicamente, circa tre questioni che la risposta ricevuta e la sua modalità sollevano.
La prima riguarda la motivazione stessa per la quale Harlan sia finita fra le pensioni canine per le vancanze: svista. In un elenco di centinaia di riferimenti, certo. Ma una svista che – se è tale, e noi non abbiamo nessuna ragione per sospettare altrimenti – rimane grave.
Perché per un’organizzazione che si chiama Ente Nazionale Protezione Animali non adocchiare immediatamente nel nome di Harlan – ma sarebbe potuta essere Charles River, o Marshall Inc. – la negazione della stessa missione che l’organizzazione si è data, risulta sinistro. Se qualcuno ha stilato quell’elenco, e se qualcuno l’ha – anche molto rapidamente – controllato, l’unica sigla che non poteva sfuggire ad un
occhio “animalista” era proprio quello di Harlan. Comprenderemmo la “svista” di inserire nell’elenco un riferimento, quale una pensione o un rifugio, che in passato non si sia mostrato sufficientemente professionale od “accogliente” per i suoi ospiti non umani.
La svista di inserire il nome di una multinazionale della vivisezione,
la comprendiamo un po’ meno. Diciamo, davvero senza alcun sospetto di
inganno, che la “svista” in questione è stata grossolana.
La seconda riguarda il metodo della risposta. La nostra lettera – come lo è questa - era pubblica non perché ci piaccia sputtanare qualche sigla che si occupa di animali, o aprire polemiche sterili e pretestuose. Ma per semplici motivi di chiarezza, trasparenza e democrazia. Le segnalazioni che ci sono arrivate in questi giorni da parte di animalisti di ogni appartenenza sono state parecchie: non proporre la questione in termini pubblici e partecipati ci sarebbe parso, e sarebbe certamente parso a chi ci ha fatto le segnalazioni, quantomeno poco generoso verso la loro attenzione e la fiducia con cui ci hanno interpellato. Al limite sarebbe potuto apparire poco trasparente: Fermiamo Harlan che raccomanda in privato all’Enpa di togliere Harlan dai riferimenti delle pensioni canine. Un po’, come
dire? iniziatico, settario…
Soprattutto non molto democratico, dato che tutti – animalisti e non solo – dovrebbero avere il diritto di venire a conoscenza di una questione che li coinvolge come attivisti e come cittadini (che, tra l’altro, pagano le tasse), potersi formare una propria idea ed esprimere il proprio parere. Come che la questione poi si risolva: in una intollerabile contiguità così come nella svista di cui sopra.
Detto per inciso: siamo molto contenti che si sia trattato di una svista.
Infine, un dibattito pubblico circa la “svista”, sarebbe potuto anche diventare un’ottima occasione per discutere della pratica stessa del “pensionare” gli animali di cui ci prendiamo cura, scelta niente affatto scontata. E la cui ragione non interpella solo le pratiche “private” dei “proprietari”, o progetti come Vacanze Bestiali, certo importantissima – lo diciamo senza retorica – diga all’oscenità criminale degli abbandoni. Ma in generale un mondo che, a mala pena costruito a “misura d’uomo”, è costruito a “dismisura” d’animale, nel senso che gli animali vanno bene finché se ne stanno fra le quattro mura dell’appartamento di “amatori”: ma non vi permettete di portali fuori, magari ai giardini fuori dalle fangose aree a loro adibite, sul lungo mare, in albergo, o, persino (orrore!) in spiaggia.
La grandinata di regolamenti amministrativi che vieta l’accesso agli arenili da parte dei cani è segno che nonostante tante lacrime e tanta indignazione per i maltrattamenti, gli animali sono ancora, per lo più, fonte di fastidio quando non di paranoia, laddove scatta la psicosi della “razza pericolosa” e del “cane mordace”.
Questioni che in un paese in cui tutti eccetto qualche zia acida dichiara di “amare gli animali”, non sarebbe stato peregrino porre e discutere.
Coordinamento Fermiamo Harlan
In merito alla lettera aperta con cui chiedevamo all’ENPA quali ragioni li avessero spinti a inserire nell’elenco delle “pensioni estive” per cani (nell’ambito del progetto “Vacanze Bestiali”) la sede di Bresso di Harlan, multinazionale della vivisezione, avanguardia dell’allevamento di animale geneticamente modificati, comunichiamo che l’Ente Nazionale Protezione Animali ci ha solertemente risposto in
privato che si è trattato di una mera svista, nella compilazione di un elenco con centinaia di riferimenti, “fisiologicamente” sfuggita ai controlli.
Non possiamo che dirci felici che di una svista si sia trattata, che l’Enpa si dichiari estranea alla collusione con le aziende e le pratiche vivisettorie, nonché della solerzia, appunto, con cui il nome di Harlan sia stato fatto sparire dal suddetto elenco.
Ci sentiamo però in dovere di replicare, come di nostra abitudine pubblicamente, circa tre questioni che la risposta ricevuta e la sua modalità sollevano.
La prima riguarda la motivazione stessa per la quale Harlan sia finita fra le pensioni canine per le vancanze: svista. In un elenco di centinaia di riferimenti, certo. Ma una svista che – se è tale, e noi non abbiamo nessuna ragione per sospettare altrimenti – rimane grave.
Perché per un’organizzazione che si chiama Ente Nazionale Protezione Animali non adocchiare immediatamente nel nome di Harlan – ma sarebbe potuta essere Charles River, o Marshall Inc. – la negazione della stessa missione che l’organizzazione si è data, risulta sinistro. Se qualcuno ha stilato quell’elenco, e se qualcuno l’ha – anche molto rapidamente – controllato, l’unica sigla che non poteva sfuggire ad un
occhio “animalista” era proprio quello di Harlan. Comprenderemmo la “svista” di inserire nell’elenco un riferimento, quale una pensione o un rifugio, che in passato non si sia mostrato sufficientemente professionale od “accogliente” per i suoi ospiti non umani.
La svista di inserire il nome di una multinazionale della vivisezione,
la comprendiamo un po’ meno. Diciamo, davvero senza alcun sospetto di
inganno, che la “svista” in questione è stata grossolana.
La seconda riguarda il metodo della risposta. La nostra lettera – come lo è questa - era pubblica non perché ci piaccia sputtanare qualche sigla che si occupa di animali, o aprire polemiche sterili e pretestuose. Ma per semplici motivi di chiarezza, trasparenza e democrazia. Le segnalazioni che ci sono arrivate in questi giorni da parte di animalisti di ogni appartenenza sono state parecchie: non proporre la questione in termini pubblici e partecipati ci sarebbe parso, e sarebbe certamente parso a chi ci ha fatto le segnalazioni, quantomeno poco generoso verso la loro attenzione e la fiducia con cui ci hanno interpellato. Al limite sarebbe potuto apparire poco trasparente: Fermiamo Harlan che raccomanda in privato all’Enpa di togliere Harlan dai riferimenti delle pensioni canine. Un po’, come
dire? iniziatico, settario…
Soprattutto non molto democratico, dato che tutti – animalisti e non solo – dovrebbero avere il diritto di venire a conoscenza di una questione che li coinvolge come attivisti e come cittadini (che, tra l’altro, pagano le tasse), potersi formare una propria idea ed esprimere il proprio parere. Come che la questione poi si risolva: in una intollerabile contiguità così come nella svista di cui sopra.
Detto per inciso: siamo molto contenti che si sia trattato di una svista.
Infine, un dibattito pubblico circa la “svista”, sarebbe potuto anche diventare un’ottima occasione per discutere della pratica stessa del “pensionare” gli animali di cui ci prendiamo cura, scelta niente affatto scontata. E la cui ragione non interpella solo le pratiche “private” dei “proprietari”, o progetti come Vacanze Bestiali, certo importantissima – lo diciamo senza retorica – diga all’oscenità criminale degli abbandoni. Ma in generale un mondo che, a mala pena costruito a “misura d’uomo”, è costruito a “dismisura” d’animale, nel senso che gli animali vanno bene finché se ne stanno fra le quattro mura dell’appartamento di “amatori”: ma non vi permettete di portali fuori, magari ai giardini fuori dalle fangose aree a loro adibite, sul lungo mare, in albergo, o, persino (orrore!) in spiaggia.
La grandinata di regolamenti amministrativi che vieta l’accesso agli arenili da parte dei cani è segno che nonostante tante lacrime e tanta indignazione per i maltrattamenti, gli animali sono ancora, per lo più, fonte di fastidio quando non di paranoia, laddove scatta la psicosi della “razza pericolosa” e del “cane mordace”.
Questioni che in un paese in cui tutti eccetto qualche zia acida dichiara di “amare gli animali”, non sarebbe stato peregrino porre e discutere.
Coordinamento Fermiamo Harlan
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